lunedì 26 aprile 2010

Iron Man 2: come un orologio svizzero (nel senso dello Swatch)


Inutile star lì a cincischiare: Iron Man 2 è il miglior film Marvel da un bel po' di tempo a questa parte.
Forse, addirittura, il migliore in assoluto.
Jon Favreau e Robert Downey Jr. hanno rimesso mano al prototipo, e ci hanno termosaldato dentro uno sceneggiatore ad hoc, quello di Tropic Thunder. Ne è uscito un film leggero ma non fragile, mai troppo serio, genuinamente divertente, rassicurante ma non telefonato. Una macchina da spettacolo precisa, efficiente e glamourous quanto uno Swatch Jellyfish del 1985. Qualche difetto qua e là viene a galla: penso a una scena molto Twisted Toyfare Theatre, o alle performance monodimensionali di alcuni membri del cast, molto maltrattati da una regia un po' figli e figliastri.
Ma tutto sommato, sono peccati veniali, in un film che regge per 124 minuti, contiene almeno un paio di sequenze che restano incollate alle retine, e mantiene tutto quello che promettono i trailer. Anzi, qualcosettina in più.
Una bella prova, per un sottogenere che ormai sembra un po' a corto di fiato. E un ottimo auspicio per i cinefumetti prossimi venturi.

1 commento:

CREPASCOLO ha detto...

Non vedo l'ora di vederlo. Mi era piaciuto anche il primo episodio con il Grande Lebowsky che ruba il cuore di Bob Dow Jr ( qualcuno ha ancora il coraggio di dire che Butch Cassidy and Sundance Kid è il miglior gay film ''travestito '' da altro ? ).
Rubo qualche minuto del signor Voglino e dei lettori del suo diario per raccontare uno di quei particolari che, di solito, finiscono in qualche oscura ( nocturna ? ) rivista di settore.
Angelo Core è la controfigura di Mickey Rourke - si badi bene, non è lo stunt che ha sfasciato, piedini in avanti, una car di pulotti in Sin City - Mickey fa tutto da solo e lo esige per contratto. Angelo sostituisce il divo nei primi piani e nelle scene in cui è previsto un minimo di espressività. Se il mondo girasse secondo una logica non crepascolare, Rourke sarebbe l'alter ego per le scene pericolose di Core, ma non divaghiamo.
Core è un discreto sceneggiatore ed ha lavorato, nei ritagli di tempo di 9 settimane e mezzo , ad una versione ventunesimo secolo del ciclo di Oz. In sintesi ( amo questi termini così alieni per me ): Doroteo Oz è un ex broker che, dopo un esaurimento nervoso, sigla un patto con il diavolo per tornare ad un tempo in cui non era necessario bendare una donna ed ingozzarla di fragole e panna per sublimare l'ansia da prestazione. Il diavolo trasforma Teo Oz in un bimbo lentigginoso ed insopportabile - Pippi Calzelunghe incontra Jimmy Olsen - che un tornado rapisce per depositare nel Toyfair Universe, un mondo popolato da marionette senzienti che passano il tempo costruendo orologi ( la Svizzera secondo la concezione del vecchio Orson W. ).
Teo ha raggiunto il nirvana - andrebbe tutto per il meglio se non fosse per la solita stramaledetta svolta narrativa.
Conosce Kim- baby- singer, lolita canterina di splendido legno levigato, se ne innamora e la segue nella casetta in truciolato. Dopo una notte d'amore che tanto sarebbe piaciuta a Pinocchio, Teo si addormenta. Al risveglio, il letto è pieno di segatura. Gli sbirri sfondano la porta e gli puntano contro tanti black e deckers. Teo scappa. Una missione: trovare il falegname malvagio.
Con questo copione sotto braccio, Angelo si è recato da Mickey che conosce parecchi registi a cui non ha ancora dato dell'imbecille
( ok, parecchi è una iperbole ).
Rourke stava smaltendo il brindisi di Capodanno - mancavano un paio di giorni a Ferragosto - e fece coriandoli del testo. Teo la prese bene e si esibì in una doppia Nelson di cui Mick cantò le lodi durante tutto il tragitto verso il Pronto Soccorso.
Angelo ha lasciato il mondo di celluloide ed oggi corregge le correzioni di Moccia per i messaggi dei Baci Perugina.
Non è un lavoro così etico come il precedente, ma l'importo sul suo assegno mensile assopisce la sua coscienza come nemmeno la lavorazione di Homeboy. Adoro il lieto fine.