sabato 27 aprile 2013

Da Vinci's Demens



Prendere la Storia con la esse alta, sminuzzarla, impastarla con la propria visione narrativa, tirarne fuori qualcosa di nuovo e acchiappante. Ultimamente, è un gioco che funziona. E a volte, pure piuttosto bene. Vedi Inglorious Bastards. Vedi Assassin's Creed. Vedi Lilith, e per certi versi pure lo Spartacus della Starz, tamarro come un ramarro ma più accurato di quanto uno potrebbe pensare. Poi ci sono i casi in cui proprio la gggente se ne passa, e dall'ucronia si scivola direttamente nella u-puttanata. Ecco, "Da Vinci's Demons", quello è: una u-puttanata col botto. L'idea di David Goyer era applicare al giocondo Leonardo le formule revisioniste già viste nello Sherlock Holmes di Guy Ritchie. Ecco quindi il genio rinascimentale con ciuffo ingellato e chiodo da biker ante-litteram, svelto con la sciabola e con la mano a cucchiaietto e ovviamente incline al consumo di alcolici e drogucce mescaline.
Con un interprete decente e una regia decente, chissà: la cosa avrebbe pure potuto funzionare. Ma qui, sfiga vuole che Leonardo ricordi sinistramente il leggendario Gabriel Vanto di "Mai dire lunedì". E Goyer scrive e dirige con la leggerezza di un lanzichenecco, trasformando Leonardo in un Derek Zoolander tutto urletti e mossette, circondandolo di antagonisti forzatamente machiavellici, tentando di dare respiro a una trama esangue con un po' di mistery à la Dan Brown. Insopportabile, se non come guilty pleasure, e assolutamente, irrimediabilmente passè. Viene il sospetto che Goyer sia molto più bravo a vendersi che a inventare. Un po' come il suo Leonardo due punto zero.

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