martedì 18 agosto 2015

Dimenticato, un cazzo



Undici anni dopo il 26 agosto 2004, cercare Enzo Baldoni in Rete è un esercizio dal sapore amaramente surreale. C'è la balistica, c'è l'aneddotica, c'è l'amarezza orgogliosa dei familiari. Permane il lezzo delle formidabili stronzate scritte sull'argomento da chi ancora oggi continua a sostenere la teoria della guerra giusta (purché, ovviamente, ci crepino gli altri). E il dispiacere che i blog scritti da EGB durante le sue gitarelle fra Messico, Timor Est, Colombia eccetera siano tutti off line a eccezione di Bloghdad, ancora disponibile in .pdf grazie alla irriducibile Monica Rigato.
Per fortuna, a tenere accesa la fiammella provvedono le cronache dei tanti Enzo Baldoni ammazzati in giro per il mondo nel tentativo di raccontare realtà scomode. L'ultimo in ordine di tempo è il messicano Ruben Espinosa, torturato e poi giustiziato nella Capitale il 31 luglio scorso per aver tentato di rompere il silenzio sulle collusioni fra narcomafia e politica nello stato del Veracruz. Ma prima di lui ci sono Wolinski e i redattori di Charlie Hebdo. E i due turisti intelligenti James Foley e Steven Sotloff, scannati dall'Isis proprio un'estate fa. E il siriano Mahran al Deeri, ucciso nel dicembre 2014. E gli altri 100 e passa reporter passati a miglior vita fra il 2014 e il 2015 per aver fatto il proprio mestiere. Ecco, ogni volta che la Rete, i giornali e la Tv mi mettono di fronte la foto di un reporter ucciso per essere stato troppo curioso, troppo rigoroso, troppo sorridente, troppo acuto, la testa torna a quel 26 agosto del 2004, a Najaf. Purtroppo, sempre per i motivi sbagliati.

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