mercoledì 10 febbraio 2016

Le nouveau Closeau



Ci si chiedeva: sarà possibile, a tre lustri di distanza, replicare il gioco di prestigio messo in scena da Ben Stiller con "Zoolander", disgraziatamente arrivato in sala all'indomani del fatidico nove-slash-undici, subito scomparso e rapidamente assurto allo status di cult demenziale dopo l'approdo in home video? Ce la farà lo sceneggiatore Justin Theroux a tirar fuori dalla sua testolina irta di dreadlocks sequenze all'altezza della leggendaria sfilata a due o del ritorno di Zoolander al paesello natio? E come bissare il succo tutto satirico del primo film, i birignao, le invenzioni linguistiche, le Magnum e le Blue Steel?
Domande, domande. Ma la risposta è una sola: Zoolander 2 (meglio: N°. 2), in sala da questa settimana, il sequel che mantiene quello che promettevano i primi trailer e quindi, sostanzialmente, fa ridere. Privi dell'effetto sorpresa che sosteneva quasi in toto il primo film, Stiller e soci hanno messo da parte qualsiasi tentazione di satira sociale puntando tutto sull'action comedy, con un plot che sdogana definitivamente il buon Derek come ubermensch fighetto, una sorta di Jacques Clouseau modaiolo e totalmente impermeabile alle leggi della logica e della fisica. Al centro della storia, come da copione, c'è una nuova cospirazione ordita dal cattivo Mugatu per far fuori il titolare dell'espressione definitiva, quella capace di spazzar via il ricordo di tutte le faccette da copertina in circolazione... Che, guarda caso, è proprio il Zoolander N° 2., e più non dimandiamo. In una scala da zero a JJ Abrams, le strizzate d'occhio ai fan dell'originale valgono un buon trenta per cento, e ça va sans dire sono il ventre molle del film; a compensare provvedono i valori produttivi, decisamente superiori a quelli dell'originale, il ritmo scurrile e politicamente scorretto delle gag, la cura del dettaglio demenziale, un cast affiatato e un esercito di "guest star" sparse per il film come paillettes su una giacca di Versace. Autopromozione o satira che sia, chi se ne frega. A chi sentiva la mancanza di Derek sembrerà che il tempo si sia fermato. Per tutti gli altri, c'è sempre l'estremo nord del New Jersey: un luogo cupo, desolato, perfetto per immusonirsi in solitudine.

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